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VALZER


Di Corrado Barbieri



Erano sere dall'aria pungente, in collina e' cosi', ma noi di pianura la chiamavamo montagna. Quella terrazza era proprio su un dirupo, sotto il quale mi pareva ci fosse un abisso...era solo uno scosceso cucuzzolo fitto di boschi delle nostre gaggie. 

E i valzer, i nostri di queste parti, tutti fisarmonica alla grande, alternati da qualche tango, si susseguivano e la pista, una grande terrazza con i tavoli attorno, si riempiva di gente, del posto misti a villeggianti, ma tutti accomunati da una voglia di vivere trabordante, con perfetta sintesi e acme nel ballo.

Lei volteggiava, con naturale abilita', con un vestito turchese, e capelli raccolti tipo ballerina di flamenco.  Di certo non poteva sottrarsi alle sue origini siciliane, la carnagione la tradiva e il contrasto con l'azzurro un po' luccicante di quel  vestito dava alla sua figura un che di magico, di cosi' diverso, e non solo per me bambino. Una classe credo innata, che non sapevo certo definire, non potevo accorgermene, perche' nel corso  della serata cercavo il momento giusto per sottrarmi, nel buio, e aprire quel pesante portone del locale al piano terra del castello che avevamo alle spalle. Li', tra botti e cumuli di cassette di bottiglie  piene e vuote, regnava l'odore acre e un po' nauseabondo di fondi di caffè misto a quello del vino e della birra. In un angolo c'era una botte aperta, piena di sinalcoli, i tappi delle bibite di cui facevo raccolta, e quasi sempre, rovistando, trovavo, appagato, qualche esemplare mancante alla collezione. 

Poi, sempre furtivo,tornavo a quell'angolo della terrazza, il ballo continuava, molti occhi erano puntati su quella figura inusitata per il posto, dal fascino esotico. Ma era oggetto  di simpatica attenzione anche sua sorella, mia zia, con la sua  cadenza e le sue uscite milanesi. 

La scena e' invariabilmente quella, nitida, pregnante, quando ascolto uno di quei valzer. 

 

 

 
   
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