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Un pensiero alla “ La noia” di  Moravia



Di Duccio Castelli




Riprendo il libro rilegato classico, da un vecchio scaffale che fu di mia madre Graziella Scalini – libraia –
“ La noia”, di Alberto Moravia. 
La “noia” appunto, l’incomunicabilità, l’alienazione… eccolo il libro oggi 2019 riapparirmi con la pagina già secca e ingiallita, dopo oltre  cinquant’anni, ahimè.  
In quegli anni 60 del secolo scorso, quelli del Boom Economico del “Miracolo italiano dell’economia”, quelli del secondo dopoguerra, quelli della “Dolce Vita” di Fellini, io ero cresciuto, con mia madre e spesso con Nicola e sua mamma zia Giuditta Campigli Scalini  (lui grande pittore, oggi anche lui un po’ dimenticato), che andavo spesso a trovare  a Roma e a St. Tropez (tempio della Bardot), emozionandomi di tanto accadere.
“Noia”, “Alienazione” e “Incomunicabilità”, erano gli stereotipi morali ed artistici di quell’epoca degli anni 60, poi terminati bruscamente con la “Contestazione giovanile”, la Sorbonne e “Il Sessantotto”.  
Oltre a Fellini – grande maestro regista – c’era a rappresentare i tempi l’altro pari maestro Michelangelo Antonioni, poi passato di moda e dimenticato e non si capisce, oggi, il. perché; probabilmente le solite beghe politiche.
Tutto è finito da tempo. Anche Moravia, oggi, è semi dimenticato e i più lo ricordano solamente perché fu il primo, in televisione, a pronunciare la parola “cazzo”.
Cazzo!
E povero mondo antico.

 
   
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