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I GERSHWIN






 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Di Tano Ponzoni

 


Non credo che esista alcun dubbio sul fatto che George Gershwin debba essere considerato il compositore più famoso dell'ultimo secolo.
Più famoso di musicisti altrettanto celebri come Cole Porter, Jerome Kern, Irving Rodgers, Hoagy Carmichael, Harry Warren e ancora molti altri.
Quello che pone Gershwin al di sopra di tutti è la sua vena musicale poliedrica, che lo portò a essere considerato non solo un “song-writer” ma anche un compositore di musica classica, un direttore d’orchestra, un valido pianista e soprattutto uno degli iniziatori di quel processo di avvicinamento della musica popolare americana alla musica cosiddetta "seria”. Questo processo avvenne, oltre Atlantico, in direzione inversa a quello che accadde in Europa, quando nel campo della musica classica nacque l'Operetta..
Gershwin fu un tipico fenomeno americano degli anni '20, sia per la sua verve musicale che per la sua intensa se pur breve esistenza. La sua cultura musicale seppe assorbire da Schubert la purezza melodica, il sentimentalismo russo da Ciaikovski, il sinfonismo accademico da Rachmaninoff, e da Debussy e da Ravel le armonie tipiche dell’impressionismo musicale. Musicista americano con educazione musicale europea, quindi. Inoltre, ancora oggi, George Gershwin è il più amato creatore di standard (con Rodgers e Porter) presso i musicisti di jazz.
Ma e' giusto parlare dei Gershwin al plurale, cioè non solo di George ma anche del fratello Ira, poichè essi furono sempre legati da una stretta collaborazione. George il musicista e Ira il paroliere, un duo familiare irripetibile nella storia della musica popolare americana!
Ira (Isadore per l’anagrafe), nacque a New York il 6 dicembre 1896, mentre George (in realtà Jacob) solo diciotto mesi dopo, il 2 settembre 1898, da una famiglia di ebrei russi immigrati.Il loro cognome Gershovitz, per ragioni fonetiche, fu tramutato in Gershvin prima, e poi in Gershwin.
I caratteri di George e Ira erano completamente diversi. Il primogenito era pacato, lavoratore, tenace, con un carattere deciso; George, invece, era vulcanico, spontaneo, a volte irriflessivo, grande catalizzatore di amicizie maschili e soprattutto femminili. Ira si dedicò al giornalismo; George dopo un inutile tentativo, lasciò la Scuola Commerciale di New York per dedicarsi alla musica.
L’ispirazione musicale non era innata in George. Gli derivò da una stretta amicizia con uno studente di violino che poi divenne famoso, Max Rosenzweig, il quale gli fece ascoltare, oltre alla Melodia in Fa di Rubinstein, l’Humoresque di Dovrak, brani che suscitarono in George un grande interesse per la musica classica. La scoperta in solaio di un vecchio pianoforte, che poi lo accompagnò per gran parte della vita, le lezioni di paino di Charles Hambitzer e poi quelle di composizione e armonia di Edward Kilevy e di Rubin Goldmark fecero di lui, almeno ‘in pectore”, il musicista che poi divenne.
Ma le condizioni modeste del bilancio familiare lo costrinsero a lavorare nella 28a strada (Tin Pan Alley) nella ditta Jerome P. Remik & Co., nel cui negozio, per 15 dollari la settimana, eseguiva per lunghissime ore le “canzoni-novità”, per farle ascoltare a cantanti, ballerini, impresari teatrali di vaudeville e di riviste. Nella “Strada delle padelle di stagno” era in buona compagnia: Kern e Berlin facevano lo stesso lavoro di “song-plugger” (letteralmente pestatore o anche divulgatore di canzonette) qualche metro più in là.
I suoi primi veri successi furono legati a un piccolo musical "La-la Lucille" e soprattutto alla canzone "Swanee", portata al trionfo da Al Jolson, che la introdusse in un suo spettacolo. Nel 1918 George lasciò la Remik & Co., e nel 1919 un noto ballerino di Broadway, George White, produttore dei “George White’s Scandals”, gli commissionò alcune canzoni, fra le quali ebbero successo immediato "I’ll build A Starway To Paradise" e "Somebody Loves Me".
Fu nel 1920 che cominciò la sua collaborazione col fratello Ira, che nel frattempo aveva lasciato la sua attività giornalistica. Hugo Felix e Annie Caldwell commissionarono loro in quell’anno una canzone per la loro rivista, canzone che ebbe talmente tanto successo da diventare il motivo conduttore di tutta la rivista; si trattava di "Waiting For The Sun Come Out",
La collaborazione tra George e Ira era nata non per una particolare predisposizione di Ira alla professione di paroliere ma, come accadeva allora tra le minoranze in America, per la tendenza dei fratelli ad unirsi non solo nell’ambito familiare ma anche nel lavoro. Fatto sta che la cosa funzionò sempre, e tra Ira e George non vi furono mai screzi. La morte di George provocò infatti in Ira un profondo trauma che lo avulse per lungo tempo dalla sua attività, che poi riprese per una proficua collaborazione con Jerome Kern prima e con Kurt Weill dopo.
George smise definitivamente di adottare pseudonimi quando nel 1924 Paul Whiteman - il già famoso direttore d’orchesta che stimava Gershwin con il quale aveva stretto una cordiale amicizia - gli giocò un feroce scherzo. Whiteman fece pubblicare sull’Herald Tribune di New York l’annuncio di un concerto che la sua grande orchestra avrebbe tenuto all’Aeolian Hall e che avrebbe compreso nel programma anche una sinfonia del giovane George: questi cadde dalle nuvole.
In realtà si trattava di un progetto del quale i due musicisti avevano solo parlato, e per quanto riguardava George la sinfonia era solo nella sua mente e nei suoi desideri di realizzarla. Mancava solo un mese al concerto. I due fratelli reagirono però immediatamente, perchè capirono che era scattata la molla per un loro ingresso ufficiale nella musica “seria”.
La composizione era "Rhapsody in Blue", la cui prima si tenne all’Aeolian Hall strapiena di pubblico e alla presenza di Stravinskij, Rachmaninoff, Haifetz, Stokovsky oltre a una miriade di attori, ballerini, impresari teatrali e musicali. Il successo fu enorme. La critica, in qualche caso, spinta dall’entusiasmo per questa musica “colta’ che nasceva nella caotica vita tra i grattacieli di New York, esagerò addirittura l’importanza dell’avvenimento. Henry O. Osgood giudicò l’opera di Gershwin superiore alla “Saga della Primavera” di Stravinskij ed Henry Fink parlò di un Gershwin addirittura superiore a Schoenberg.
La "Rapsodia in Blue" rappresentò la nuova tendenza musicale che in America stava prendendo piede in quegli anni, con una specie di parallelo con quello che accadde in Europa, e soprattutto in Francia quando Hoffenbach impose nel suo "Orfeo all’Inferno" il suo Can Can. Il connubio di elementi che provenivano dal jazz con quelli della musica classica, sia nei ritmi che nelle intenzioni melodiche e armoniche (nonostante i rapporti di Gershwin col jazz fossero sempre stati flebili e limitati al rag-time) fecero di questa rapsodia un elemento di novità e un grande successo.
Solo con "Porgy and Bess" George cercherà di approfondire la sua conoscenza della musica e dell’anima dei neri d’America recandosi per qualche mese nel pro-fondo Sud.
Il 1924 era dunque cominciato per i Gershwin in modo splendido e in breve seguiranno composizioni destinate a restare tra i brani più belli e famosi della storia: "Fascinating Rhythm" e "Lady Be Good" divennero rapidamente successi dell’anno. In questo spettacolo comparve anche, per la prima volta, una canzone (che in realtà era nata come strofa per un’altra) che però non riscosse successo. Canzone che qualche anno dopo fu riproposta da George in un altro musical, “Strike Up The Band” (1930), assieme ad altre due song famose, "Soon’ e I’ve Got a Crush On You". Si trattava di "The Man I love" !
Nel 1925 nascono "Lookin’ For A Boy" e "Sweet And Love Down" per la rivista "Top-Toes”. Nel 1926 è la volta di "Dear Little Girl Maybe" e soprattutto "Someone To Watch Over Me" scritte per il musical “Oh Kay” e dedicate particolarmente alla grande cantante inglese Geltrude Lawrence, allora sulla cresta dell’onda. Nel 1927, per lo show “Funny Face”, i Gershwin scrivono "S’wonderful" e nel 1931 il musical “Of Thee Sing” che otterrà il Pulitzer Price for Drama.
I Gershwin fecero cosi' il loro ingresso ufficiale nel gotha dei “song-writer” di successo. Il ritmo di vita dei due fratelli divenne intensissimo, sottoposti come erano alle continue richieste di Broadway, cosi' George decise di prendersi una vacanza e, come ogni buon ricco americano di quei tempi, scelse l’Europa e in particolare Parigi. Cominciò a frequentare i caffè intellettuali del Quartiere Latino, accompagnato dal suo fedele amico, lo scrittore Scott Fitzgerald che viveva a Parigi la sua sciagurata giovinezza. Conobbe Hemingway, Milhaud, Prokofiev, Stravinskij, Debussy, il grande scultore Rodin e molti altri personaggi della cultura europea, tra i quali soprattutto Ravel, che Gershwin adorava al punto tale che, un giorno, l’autore del Bolero più famoso del mondo fu costretto a dirgli “... caro George, non tenti di diventare un piccolo Ravel quando può diventare un grande Gershwin!”.
La sua vena musicale e il suo approccio alla musica lo spinsero così a concepire e a realizzare un poema musicale che rispecchiasse la giornata di un americano nella caotica vita della Ville Lumière. Nacque così "Un Americano a Parigi", che venne eseguito per la prima volta il 13 dicembre 1928.
Diciotto minuti per descrivere musicalmente una passeggiata primaverile ai Chaps Elysèes, il quartiere latino, la nostalgia per la patria lontana, l’incontro con un compatriota. In questa opera è già evidente un maggiore approccio alla musica jazz nello splendido "Blues". Questa sua attività non si esaurì con il successo di "Un Americano a Parigi", ma proseguì nel 1930 con una nuova esecuzione del "Concerto per piano e orchestra in Fa", seguita dalla "Seconda Rapsodia" e dall' "Ouverture Cubana" nel 1932, oltre ad "I Got Rhythm Variation".
Nel 1930 Gershwin aveva scritto musiche per una rivista di Broadway, nella quale compariva come interprete una nuova stella, Ginger Rogers, futura compagna di danza di Fred Astaire.
Come se tutto questo non bastasse, George non aveva dimenticato il desiderio di legare il suo nome a una importante opera lirica: "Pogy And Bess" fu iniziata nel 1933 su un libretto di DuBose Hayward, rielaborato dal fratello Ira. La prima avvenne il 10 ottobre 1935 all’Alvin Theatre di New York, ma come accade spesso ai grandi della musica, il valore di quest’opera non fu capito subito. Solo tre anni dopo, quando Gershwin non era più in vita, dopo una ripresa al Metropolitan i critici consacrarono George il “Puccini d’America”.
Dal 1936 al 1937 la RKO gli commissionò la colonna sonora di due film che avevano come interpreti Fred Astaire e Ginger Rogers.
Va detto che le colonne sonore dei film musicali, allora, erano costituite da due o tre canzoni, che venivano interpretate dai cantanti-ballerini, e da varie diverse orchestrazioni delle stesse, che contribuivano a sottolineare le varie situazioni della storia.
Ogni film fu un successo di critica, si intende musicale, data la flebile trama che si sviluppava nel film.
In questo periodo, la vita dei Gershwin, e in particolare quella di George, fu di una intensità al di sopra di ogni possibile immaginazione. George era diviso fra le sue passioni, lo sport (giocava bene a tennis e a golf), l’hobby per la pittura e le feste sontuose dei divi e naturalmente l’attività musicale.
All’inizio del 1937 George cominciò a lamentare un riacutizzarsi del mal di testa di cui soffriva da tempo. Gli venne diagnosticato un tumore cerebrale e fu sottoposto a intervento chirurgico. In effetti si trattava di un tumore benigno, ma la neurochirurgia di allora non aveva fatto passi da gigante e pochi giorni dopo l’intervento, l’11 luglio 1937 alle 10,30 del mattino, George Gershwin mori'.
Lo sconforto avvolse tutto il mondo musicale, l’America aveva perso il suo eroe. Ogni commento all’attività dei Gershwin sembra sempre inferiore ai loro meriti: essi crearono le musiche più sofisticate e fantasiose di tutta la musica americana.
Va detto che George non parlò mai volentieri della sua arte. Solo una volta ebbe a dire: “... ogni musica riflette i drammi, le aspirazioni e le gioie di un popolo e del tempo in cui questa musica vive... il mio popolo è l’americano, il mio tempo è oggi!”.



 
   
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