Menu' Cinema
 

FURORE
(The grapes of wrath)
dal romanzo di John Steinbeck, diretto da John Ford, con Henry Fonda, John Carradine, Jane Darwell





di Corrado Barbieri





Due colossi dell'arte, cinematografica e letteraria, non potevano che dar vita ad un'opera superba: la messa in scena di "The Grapes of Wrath", romanzo di Steinbeck, la saga disperata di una famiglia contadina costretta ad emigrare come migliaia di altre dal Midwest alla mitica California durante la Grande Depressione degli anni Trenta.
Il film non poteva che offrire a un maestro del cinema come Ford, forse il più adatto a produrre un lavoro così corale, e in possesso di una sensibilità tale da inquadrare perfettamente il carattere di personaggi così intensi e sofferenti, l'occasione per creare a sua volta un capolavoro assoluto.
Una vicenda in cui il lungo, estenuante viaggio sulla mitica Route 66 verso una felicità che non verrà trovata, e il successivo peregrinare della famiglia Joad, costituiscono un percorso in cui non solo emerge il dramma di una famiglia scacciata dalle proprie terre e dalle proprie case, ma anche quello stesso della vita umana. E situazioni, personaggi, rappresentazioni di stati d'animo sono a loro volta un percorso così denso di emozioni, che alla fine del film si ha la certezza di essere stati di fronte a una delle opere più importanti della storia del cinema.
Henry Fonda è Tom Joad, primogenito della famiglia, reduce da quattro anni di carcere per un omicidio per legittima difesa. Troverà la casa deserta e le terre abban- donate, nonché qualche sparuto e disperato vicino ancora sotto lo choc di essere stato sfrattato dalle banche, proprietarie ormai dei terreni, impoveriti dalla grande siccità di quegli anni.
Ritroverà la sua numerosa famiglia a casa dello zio, in procinto di caricare tutto ciò che possono trasportare su un vecchio camion e partire per la California in cerca di lavoro e di una vita decente. Sul veicolo stracarico di persone e cose viene invitato anche Jim Casy (lo straordinario caratterista John Carradine), un prete che ha rinunciato ai voti scoprendo di aver perduto la fede e che è probabilmente il personaggio più bello di tutto il film. "Forse nella vita non ci sono buone o cattive azioni, ma solo delle azioni", dice smarrito a Tom.
Ma nel corso del viaggio il suo amore per il prossimo ha finalmente occasione di tramutarsi in azioni concrete. Prima, nel corso di tumulti tra braccianti e polizia, addossandosi una colpa non sua e salvando un compagno che aveva atterrato una guardia, poi divenendo il promotore di uno sciopero contro i proprietari terrieri che affamavano i braccianti in disperata ricerca di lavoro.
Gli sgherri lo uccidono con una bastonata, in presenza di Tom Joad, a cui il sacrificio di Casy appare come un faro acceso improvvisamente, che lo guiderà da quel momento in poi. Tom reagisce uccidendo a sua volta l'assassino di Casy, e sarà braccato nel suo peregrinare.
"Ma", la mamma, di Joad e fratelli minori (Jane Darwell) è la vera conduttrice dell'emigranza della famiglia verso ovest. Pur nel dolore di lasciare la propria terra e la propria casa, e già presa dalla nostalgia (un'ultima occhiata nelle stanze ormai svuotate le fa prendere con malinconia in mano le povere cose che aveva conservato come ricordi di momenti felici, il globo che capovolgendolo fa scendere la neve, testimone di chissà quale gita, e una vecchia borsa), è lei a fare uno splendido monologo e concludere con "...quindi andiamo” e a non voltarsi più indietro. Sarà lei, nei campi di raduno dei migranti, a cercare di dare qualcosa da mangiare ai bambini che attorniano la tenda dei Joads mentre lei cucina il poco che ha. Nel viaggio muoiono prima il nonno, poi la nonna, che vengono sepolti ai margini della strada.
Un'impresa durissima, come per tutte le migliaia di persone nelle loro stesse condizioni, per giungere ai campi di raccolta dei braccianti, e sentirsi offrire pochi cents a staio di frutta raccolta. Sempre sotto l'occhio vigile e spietato delle guardie armate di bastoni al soldo dei proprietari.
Inutile farsi illusioni, anche nella libera America è presente in molti contesti la repressione di stile autoritario e gli anni Trenta ne furono ampiamente testimoni.
Alla fine il film si discosta nettamente dal romanzo di Steinbeck, piegando su un ottimismo conclusivo: la famiglia riesce ad approdare a uno di quei campi di raduno voluti dal New Deal roosveltiano, puliti, ordinati, con i bagni e le docce per tutti, nonché una democrazia interna per gli occupanti e lavori dignitosi e retribuiti per tutti.
Ma Tom è ricercato per aver ammazzato l'assassino di Casy, e una notte capisce che lo stanno cercando anche lì. Riprende da solo il viaggio, dopo un toccante, ultimo dialogo notturno con la madre: “...non preoccuparti, io ci sarò, sarò nell'oscurità, ovunque ci sia da combattere perché chi ha fame possa sfamarsi, ovunque ci sia una
guardia che picchia un ragazzo, ovunque ci sia qualcuno scacciato dalle proprie case, perché noi siamo la gente...”.
In ultima analisi, un'opera sull'imprescindibile necessità di una società più giusta e più umana, un'opera quindi senza tempo, come è lo scritto di John Steinbeck. Wikipedia riporta che alcuni critici giudicano il film il più bello di tutti i tempi, in termini assoluti.
Chi scrive e' tra quelli.







 
   
  scrivi a info@corradobarbieri.com