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IN MEZZO SCORRE IL FIUME

Regia di Robert Redford, tratto dal romanzo di Norman Maclean, con Craig Sheffer, Brad Pitt, Tom Skerritt




di Vincenzo Grande




Quando in un film c'è poesia, è un’opera d'arte. Non è rilevante che sia diretto da un grande regista o da un regista “minore”, trasmette sempre emozioni, il fine dell'arte, ciò che alla fine conta.
Qui il regista è Robert Redford, che si è ispirato al romanzo di Norman Maclean, opera peraltro di gran lunga inferiore al film.
Da evidenziare subito la voce narrante fuori campo, importante fattore emotivo, che in questo caso è la stessa che ha doppiato per anni Redford, Cesare Barbetti, uno dei grandi doppiatori italiani.
La vicenda si svolge nello scenario maestoso del Montana, uno dei luoghi con la natura più affascinante e meglio conservata degli Stati Uniti.
"Un mondo ancora ricoperto di rugiada", come ci narra la voce di Norman. Il Grande Piede Nero, un fiume dalle acque verdi e cristalline, è quello che scorre in mezzo alla storia: metafora, fascino irresistibile e ossessione a un tempo.
Un pastore presbiteriano e i due figli, ai quali inizia a spiegare fin da bambini, parlando della sua passione di pescatore, che "...solo conoscendo i ritmi di Dio si è in grado di riguadagnare la bellezza e quindi la salvezza... Tutte le cose buone, le trote, come la salvezza eterna, provengono dalla grazia, e la grazia nasce dall'arte, e l'arte non si acquisisce facilmente...".
Questi i protagonisti di una storia a cui dà subito profondità la gioiosa solennità della musica celtica di sottofondo.
Norman (Craig Sheffer), voce narrante e fratello maggiore, intraprende gli studi letterari e questo dà alla vicenda il taglio letterario che è essenziale al film.
Il fratello minore Paul (un giovane Brad Pitt), è quello più frizzante, un po' scapestrato, giocatore, bello e simpatico, e diverrà grande pescatore.
La pesca, tra rocce ed acque gorgheggianti, è quindi il legame della famiglia, un motivo conduttore delle loro vite, che avranno prospettive e destini molto diversi.
Non mancano alla storia autentiche chicche brillanti, come un Brad Pitt che balla un Muskrat Ramble, famoso classico jazzistico, con una ragazza indiana in una sequenza eccitante.
Quando Norman ottiene il posto di professore di lettere a Chicago, il padre e i figli si recano al Grande Piede Nero per festeggiare con una partita di pesca, l'ultima per Paul, che catturerà una grossa preda: "...mio fratello stava in piedi davanti a noi, non sulla riva del Grande Piede Nero, ma sospeso sulla terra, libero da qualsiasi tipo di regolamento, era un'opera d'arte... Ma senza alcun dubbio capii anche che la vita non è un'opera d'arte e che quel momento magico non poteva durare a lungo..."
La tragedia si inserisce nella vicenda improvvisamente, silenziosamente, e Paul viene ammazzato per i suoi debiti di gioco, una notte. In un sermone finale il padre, con il pensiero al figlio, va su un tema universale, un tema tanto importante quanto spesso ignorato dagli umani, che spesso non riescono a comprendere coloro che amano, e volendo aiutarli, non riescono tuttavia a dare loro ciò di cui hanno veramente bisogno.
Il sermone accorato conclude che "si può dare un grande amore anche senza comprendere fino in fondo".
La semiluce del canyon fa intravedere la sagoma di Norman, ormai vecchio, che ancora tenta di pescare. Tutte le persone che ha amato e che non è riuscito a comprendere ormai sono morte. Il Grande Piede Nero è là, Norman ne è sulla riva, riflettendo sul passato e sul fiume “Alla fine ogni cosa si fonde e un fiume l'attraversa". Un fiume che simboleggia lo scorrere della vita, la gioventù, la compagnia delle persone che si sono amate, la storia stessa di una famiglia.

 

 
   
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