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DEVIAZIONE PER L'INFERNO





di John Milner

Un film di soli 67 minuti! E' la caratteristica prima che balza all'occhio nel panorama cinematografico dei film a soggetto di sempre.
Fu inquadrato inizialmente in quella categoria di film che in America fu definita dagli anni '20 " Poverty row " , da noi film di serie B, realizzati con pochi mezzi e in contesti limitati, classificazione che in realta' e' fuorviante, perché anche un'opera di serie B può trasmetterci sensazioni e quindi rientrare nelle opere d'arte.
" Detour " e' un film del 1945, in buon bianco e nero, col dettaglio a mio avviso importantissimo di avere la voce narrante del protagonista, che, se unita ad un'ottima sceneggiatura, rende la vicenda piu' intima e sentita, aiuta a calarsi maggiormente nel personaggio. L'opera e' del regista Edgard G.Ulmer, tratto dal romanzo omonimo di Martin Goldsmith, che ne e' stato anche lo sceneggiatore, un noir che prende praticamente da subito e non ci lascia staccare dalla visione per il pur breve spazio di un' ora.
Al Roberts ( Tom Neal, un attore piuttosto bravo ma scomparso presto dalle scene) e' un pianista insoddisfatto di New York che tira a campare e decide di raggiungere in autostop la sua ragazza a Los Angeles. In Arizona il passaggio gli viene dato da un certo Haskell, in grado di portarlo fino alla sua meta. Al nota che l'uomo ha dei graffi sul braccio e questi non esita a spiegargli che ha dato un passaggio a una ragazza, che evidentemente ha rifiutato le sue avances. Poi Haskell si addormenta mentre Al si alterna alla guida. Quando pero' inizia a piovere e Al si ferma per alzare la capote, si accorge che l'uomo e' morto.
Preso dal panico e convinto che nessuno crederà mai alla verita' (interessante fin da allora la consapevolezza che gli americani avevano riguardo alla loro polizia ), nasconde il corpo nei cespugli, si impadronisce dei documenti di Haskell e del denaro che ha in tasca e ne assume l'identità continuando con ansia il viaggio. Fermatosi a una stazione di servizio, ospita in auto una ragazza che chiede un passaggio e che riconosce l'auto : e' Vera ( Ann Savage ), la ragazza di cui Haskell parlava, che a questo punto inizia a ricattare Al.
Si tratta in realtà dell'inizio di una catena di ricatti di cui Al rimane drammaticamente prigioniero, dalla minaccia di denuncia alla polizia per omicidio alla richiesta di recarsi presso il padre di Haskell, in fin di vita, continuando ad impersonare il figlio per intascarne l'eredità. Al e' sopraffatto dagli eventi e non vede come liberarsi da una donna che impersona il male. I due affittano un appartamento, la vicenda e gli scontri verbali tra loro continuano, ma la durata del film sta per scadere, coinvolgendo ancora emotivamente lo spettatore, che pero' non si attende la fine improvvisa dell'odioso personaggio femminile e dell'intero film.
Di fronte al rifiuto di Al di piegarsi a simili azioni, Vera prende il telefono e si chiude nella stanza da letto per denunciarlo, Al tira violentemente il filo sperando di spezzarlo e la donna ne rimane strangolata ...
L'angoscia di Al si aggrava, con due omicidi, di cui uno vero, di cui sarebbe accusato. Fugge, ma uscito da un locale e' subito fermato dalla polizia e il suo commento ci spiega come il destino di ciascuno e' segnato.
L' ora di durata dell'opera e' di serrato coinvolgimento, interrotto bruscamente da un finale che puo' far sorridere per banalita' e improbabilita', ma.... Martin Scorsese ci avverte che il film e' un capolavoro, oggetto di culto, e uno dei piu' noti studiosi di cinema italiani, in un suo compendio ci spiega quale deve essere la chiave di interpretazione "...Detour e' un capolavoro dell'assurdo, capace di rivaleggiare con i lavori di Kafka nella sua determinazione a spogliare la vita di logica e stabilita' ". Aggiungeremmo : sempreche' si abbia il desiderio di spogliare la vita di logica, ovviamente, e che soprattutto tale esercizio intellettuale ci induca una qualche sensazione...
Simili sparate dei mai sufficientemente deprecati " critici" non sminuiscono per fortuna cio' che di meritevole offre un film cosi' particolare, aldila' della filosofia e dei birignao intellettuali. Resta il dubbio se qualche ora in più oltre i sei giorni (...) che durarono le riprese del film, non avrebbero portato il regista a una conclusione meno affrettata e più consona all'intero lavoro.














 

 

 
   
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